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Immagine del redattoreClaudia Bossi

Salto il fosso


Salto il fosso. Resto su un piede solo e raccolgo il sasso. Faccio tre giri in tondo. Formo un otto con le dita, il dito medio che aggancia l’indice e lo curva indietro.

Dico le parole. E poi mi sporco la faccia con la terra e corro, corro, corro.

Arrivo al limitare del bosco: di là dalla collinetta ci sono le case, dietro di me la radura che ho lasciato.

Strofino la schiena a un tronco, sento ferite che nascono, come fiori che sbocciano.

Non temo più nulla. Non mi importa di nulla.

O forse è che mi importa di ogni cosa, davvero di ogni cosa.

Raspo nella terra come un cane, mi accovaccio e urino. Copro la buca in fretta, senza badarci. Ma lo faccio.



Mi ravvio i capelli. Pezzi di fango secco mi restano tra le dita.

Nessuno mi accoglierà e dovrò continuare a camminare.

Saltello sul piede che prima avevo sollevato. E’ a queste cose che presto attenzione.

Ora rotolo sulla schiena, sulla gobba che spaventa i vecchi e fa ridere i bambini. Arrivo alla base della collina.

Se salgo in cima mi vedranno. Mi vedono sempre. Forse risplendo. O forse sono una macchia nera contro il chiarore del cielo.

E allora salgo, perché non mi importa. Non mi importa di nulla.

E quando sono in alto vedo il villaggio, e tra poco sentirò qualcuno gridare.

Comincerò a camminare.

Salterò il fosso. Starò su un piede e raccoglierò un sasso. Farò tre giri in tondo.



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